SINDACATO NAZIONALE MARINA

RINNOVO CONTRATTUALE DELLA DIFESA – inadeguate risorse del Governo per contrastare l’Inflazione dell’ultimo anno

Prospettiva di aumenti che hanno un importo netto inferiore all’inflazione registrata nell’ultimo anno

Roma – Il Ministro per la Pubblica Amministrazione alle ultime battute sta convocando gli incontri finali in sede tecnica per la ripresa e conclusione delle procedure relative alla definizione dell’accordo sindacale e dei provvedimenti di concertazione triennio 2019 – 2021, concernente il comparto Difesa e Sicurezza.

Il contratto riguarda il personale non dirigente delle Forze armate (Esercito Italiano, Marina Militare e Aeronautica Militare comprese le Capitanerie di Porto – Guardia Costiera), il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e Corpo della Guardia di Finanza) ed il personale non dirigente Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato e Corpo di Polizia Penitenziaria).

Il tavolo con i sindacati e i dirigenti della rappresentanza militare conclude una lunga e complessa fase di trattativa al tavolo tecnico di natura politica (tra il ministro della Funzione Pubblica e i titolari dei dicasteri dell’Interno, della Difesa, della Giustizia e dell’Economia e Finanze.

Purtroppo a quel tavolo cui non hanno potuto partecipare le Associazioni Professionali tra Militari a Carattere Sindacale, in palese inosservanza con il punto n.18 della nota sentenza n.120/2018 della Corte Costituzionale, nonché il parere n.2756/18 del 23/11/2018 del Consiglio di Stato, a mente del quale mantenere distinti gli organi di rappresentanza militare ed i sindacati militari serve ad evitare confusione dei ruoli e a preservare il ruolo dialettico dei sindacati stessi.

LE RETRIBUZIONI

Le previsioni derivanti dalla contrattazione stabiliscono che a decorrere dal 01/01/2021 il valore del punto parametrale di cui all’art.2 del Decreto Legislativo 30/05/2003 n.193 è fissato in € 183,15 annui lordi.

Per le Forze Armate, in base alle risorse che sarebbero state stanziate, a regime si potrebbe giungere a un incremento medio lordo di € 130,00 (medi e lordi) con l’aumento della parte tabellare dello stipendio del 4,25%.

Aumenti, a cui andrà sottratta l’indennità di vacanza contrattuale di 14,00 euro già percepita, che varieranno a seconda del ruolo: circa € 47,31 mensili per un Sottocapo di 1ª Classe Sc. Q. S.; circa € 53,43 mensili per un Secondo Capo Sc. Q. S.; circa € 59,32 mensili per un 1° Luogotenente.

Pertanto l’ipotesi di aumento medio della retribuzione si attesterà nella misura del 4,27%.

Nei dati ufficiali diffusi oggi, l’Istat ha rivisto il dato preliminare sulla crescita dell’indice dei prezzi al consumo a ottobre. Su base tendenziale, cioè rispetto al 2020, i prezzi accelerano del 3%, contro il 2,9% stimato alcune settimane fa.

Orbene considerato che l’inflazione impatta incisivamente sul netto della nostra paga ne consegue che il contratto che si sta approvando, annunciato con grande enfasi, si attesterà su un aumento del 4,27% medio lordo, di cui il netto corrisponderà a circa il 2,5% … in pratica il rinnovo contrattuale relativo al triennio verrà riconosciuto con un netto che è inferiore all’inflazione dell”ultimo anno.

È evidente l’irrisorietà delle risorse che il Governo ha messo a disposizione, inadeguate a garantire un incremento stipendiale confacente al comparto difesa sicurezza.

INDENNITA’ DI POLIZIA GIUDIZIARIA

(Indennità Pensionabile) ex art.43 della L.121/81.

Il Sindacato Nazionale Guardiacoste – SI.NA.G. – nella costante attività di tutela dei propri iscritti, costituiti dal personale della Forza Armata Marina e del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, ha opportunamente evidenziato, con la redazione di apposita missiva inviata in data 17/04/2021, l’On. Ministro della Difesa, informando nel contempo anche il Ministero della Pubblica Amministrazione – Dipartimento della Funzione Pubblica ed il Capo di Stato Maggiore della Marina, una gravosa sperequazione operata nei confronti dei Guardiacoste appartenenti al ruolo direttivo e non direttivo.

Nello specifico si è proceduto a segnalare il conflitto antinomico delle norme che hanno determinato l’attribuzione e qualificazione dell’indennità in parola, laddove dopo un incremento percentuale della stessa, conseguentemente all’evoluto quadro delle attribuzioni del Corpo, ne viene successivamente determinata la flessione in diminuzione della percentuale determinata dall’art.4, c.2 del D.P.R. 15/03/2018, n.40.

Infatti nell’ambito della Recepimento del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze Armate “Triennio normativo ed economico 2016-2018” viene disposto che a decorrere dal 01/01/2018, le disposizioni di cui all’art.5, c.15, decreto del P.D.R. 13/06/2002, n.163, al personale direttivo e non direttivo del Corpo sono determinati gli incrementi dell’indennità mensile pensionabile riferiti al triennio contrattuale 2016-2018, nella misura dell’8%.

In sintesi l’art. 4, c.2 del D.P.R. 15/03/2018, n.40, i ruoli non dirigenziali adesso percepiscono una percentuale inferiore, pari all’8%, rispetto all’immutato originario aumento del 30%, riservato nell’ultimo triennio esclusivamente al ruolo dirigenziale, evidenziando così una grave sperequazione tra i lavoratori, in considerazione del rischio maggiore in cui incorrono, invece, gli appartenenti alla categoria non dirigenziale.

Di fatto la percentuale ha subito una flessione in diminuzione a circa il 28% (con un valore variabile per grado dal 28,6575% a 28,1832%).

Disparità di trattamento determinata in totale contrapposizione della ratio su cui è stabilito il principio di corresponsione dell’indennità stessa, prevista dall’art.43 della L.121/81, ovvero determinata in base alle funzioni attribuite, ai contenuti di professionalità richiesti, nonché alla responsabilità e al rischio connessi al servizio, corrispondenti sicuramente maggiormente al personale appartenente ai ruoli direttivo e non direttivo rispetto al personale appartenente al ruolo dirigenziale.

Il SI.NA.G. ha pertanto formalmente richiesto la possibilità che venga ristabilita la ratio prevista dal comma 15 dell’art.5 del D.P.R. 13/06/2002, n.163, ma anche di valutare che l’indennità pensionabile (indennità di Polizia Giudiziaria) possa essere anche ulteriormente elevata in misura percentuale, per tutto il personale militare appartenente al Corpo delle Capitanerie di Porto, in considerazione delle sempre maggiori accresciute attribuzioni di P.G. a carattere specialistico.

Dalle comunicazioni che sono state diramate si evince che nulla di quanto evidenziato e richiesto è stato posto all’esame del tavolo tecnico, ma in vero si è definita una ulteriore grave sperequazione nei confronti dei militari Guardiacoste, definito che non è stato abrogato l’art.4, c.2 del D.P.R. 15/03/2018, n.40.

Considerato che gli aumenti medi previsti per l’indennità pensionabile (Polizia Giudiziaria) si sono assestati a circa € 50,00 medi, sui quale verrà riconosciuto solo l’8%:

Ne consegue di fatto che la percentuale per il personale del Corpo ha subito una ulteriore flessione in diminuzione variabile a circa 26% – 27% a seconda del grado rivestito.

Con le risorse stanziate non si potrà procedere al suddetto aumento e nel contempo rivedere anche la parte normativa del contratto, con la quale tra l’altro dovrà essere riconosciuta la specificità al personale del Comparto Sicurezza e Difesa. E per specificità si intende “maggiore operatività al servizio dei cittadini”.

Un aspetto, quello normativo, che non può assolutamente passare in secondo piano.

TUTELA DELLA GENITORIALITA’

Nella parte normativa sono state previste agevolazioni per richiedere l’esonero dalla sovrapposizione completa dell’orario di servizio per i genitori appartenenti alla stessa Amministrazione, dal servizio notturno o dal servizio su turni continuativi articolati sulle 24 ore in situazioni di disagio, di monoparentalita’ o di disabilità del figlio, compreso orario flessibile per figli studenti affetti da disturbi specifici dell’apprendimento.

Il Sindacato Nazionale Guardiacoste – SI.NA.G. – anche sulla problematica ha opportunamente evidenziato, con la redazione di apposita missiva inviata in data 17/01/2021, all’Onorevole Ministro della Difesa, informando nel contempo anche il Ministero della Pubblica Amministrazione – Dipartimento della Funzione Pubblica ed il Capo di Stato Maggiore della Marina, una gravosa questione che da qualche anno affligge migliaia di genitori con le stellette e in special modo le mamme in divisa, le quali, a dispetto delle loro colleghe d’ufficio, impiegate civili della difesa nonché di altri dicasteri, per una incomprensibile disparità di trattamento, si ritrovano a dover fronteggiare, i primi anni di vita dei loro bimbi, dovendo il più delle volte  rinunciare per giorni alla spettante retribuzione salariale, al fine di potersi utilmente assentare  dal lavoro e fornire la dovuta assistenza al proprio figlio ammalato.

Quanto sopra, si sta verificando, in un particolare momento storico – sociale, in cui la rivalutata centralità del nucleo familiare nell’ordinamento italiano, fa si, che si susseguano viepiù politiche a sostegno della famiglia e della genitorialità, ma ciò non impedisce di certo, alle mamme in divisa di faticare e non poco per ritrovare il giusto passo, dovendo loro malgrado, affrontare il peculiare onere di  conciliare il proprio status di militare, onorare giornalmente con rinnovata passione il giuramento di fedeltà prestato allo Stato e comunque, essere al contempo, madre, moglie, senza poter tralasciare, quel ruolo di riferimento del focolare domestico che a  tutt’oggi la società civile gli riserva, quale figura garante di stabilità e affetti.

Com’è noto, con le novità recepite a seguito del precedente contratto di lavoro per le Forze Armate, DPR. nr.40 del 15/03/2018 al comma 4 dell’art.11, è previsto che in caso di malattia del figlio di età non superiore a tre anni, i periodi di congedo di cui all’art.47 del D. L.vo 16/03/2001 n.151, non comportano riduzione del trattamento economico, fino ad un massimo di 5 (cinque) giorni lavorativi nell’arco di ciascun anno, oltre il limite dei quarantacinque giorni.

I giorni di congedo in parola, per quel che concerne il comparto civile della Pubblica Amministrazione in forza l’art.10, c.2, lett. c) del CCNL 16/05/2001, in base al quale per i primi 30 giorni di congedo parentale viene corrisposta l’intera retribuzione, sono opportunamente ripartiti in giorni 30 (trenta) retribuiti per ogni anno, fino al compimento del 3° anno di età del figlio.

Per tanto è stato richiesto, anche in forza dell’articolo 1493, c.1 del D. L.vo 15/03/2010, n.66, la possibilità di estendere, al fine di equiparare sotto l’aspetto economico al comparto civile della pubblica amministrazione, i medesimi benefici al personale militare, ovvero portare a 30 giorni di congedo parentale per ogni anno, fino al compimento del 3° anno di età del figlio, coprendo tale arco temporale con una retribuzione pari al 100%.

Anche per la tematica in parola si evince, dalle comunicazioni ufficiali diramate, che nulla di quanto evidenziato e richiesto è stato posto all’esame del tavolo tecnico, lasciando per altri tre anni i genitori con le stellette in una palese difficoltà ed in disparità di trattamento rispetto al comparto civile.

Considerato che la contrattazione non è stata ancora conclusa si auspica che il tavolo tecnico possa rivedere quanto ad oggi definito.

INDENNITA’ OPERATIVE FONDAMENTALI

Da oltre 20 anni le indennità operative dei Comparti non sono mai state oggetto di rivalutazione, benché le stesse costituiscono un caposaldo fondamentale degli emolumenti stipendiali del personale militare. Si legge che ancora il tavolo tecnico ha posto l’attenzione sulle indennità accessorie, le quali si ricorda hanno una valenza nettamente inferiore quale incidenza nella formazione del montante contributivo pensionabile.

Il personale militare anche su questo punto attendeva una maggiore sensibilità verso la propria connotata specialità militare.

PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Anche in questa concertazione non è stato previsto l’avvio del tavolo per la costituzione di un Fondo di Previdenza Complementare, benché ormai costituisca un’esigenza sentita in maniera unanime dal mondo militare, per ovviare alla prospettiva di una pensione non adeguata al tenore di vita.

La mancata attivazione, dopo oltre 26 anni dall’entrata in vigore della riforma “Dini” del 1995 (L.335/95), del c.d. secondo pilastro il quale, attraverso l’istituzione di fondi “negoziali” (o “chiusi” e cioè delimitati ad un particolare ambito di lavoratori), avrebbe dovuto integrare la pensione erogata dall’organismo di previdenza pubblica obbligatoria (c.d. primo pilastro), consentendo al personale del Comparto Difesa e Sicurezza, in regime di sistema previdenziale misto e, ancor di più, per coloro che tra alcuni anni saranno avviati in quiescenza con un sistema previdenziale interamente contributivo, di poter usufruire di un trattamento economico dignitoso, necessariamente dovuto al termine di una lunga vita lavorativa usurante e disagiata.

Un obbligo di legge nonché morale per lo Stato che ad oggi, dopo oltre 26 anni dalla riforma previdenziale del ‘95, continua a rimanere disatteso per l’intero Comparto Difesa e Sicurezza al quale appartengono le Forze Armate e Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare. Rammentiamo che l’attivazione della pensione integrativa è già avvenuta, da tempo, per altri settori della Pubblica Amministrazione.

Roma, 18 Novembre 2021

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