L’intervento del Sindacato Nazionale Marina con un monito al Governo perché si predisponga un pool di psicologi a stretto contatto con il personale militare
Un Sottufficiale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera si toglie la vita a Lampedusa, ancora un suicidio di un militare delle Forze Armate. Sulla tragedia interviene il SI.NA.M., Sindacato Nazionale Marina, che esprime cordoglio e vicinanza alla famiglia del compianto collega.
«A Lampedusa, nella Base Alloggi della Guardia Costiera, un Sottufficiale di anni 49 si è tolto la vita impiccandosi nei locali della palestra del comprensorio militare», si legge nella nota diffusa dal SI.NA.M., che «si unisce all’immenso dolore della famiglia del guardiacoste che si è tolto la vita, nonchè la più sentita vicinanza al personale della Guardia Costiera di Lampedusa, sconvolto dall’immane dramma», afferma il Segretario Generale Nazionale Pasquale DE VITA.
Alla luce di tale simile tragedia il Sindacato Nazionale Marina intende porre i riflettori su di una annosa quaestio che da troppo tempo è rimasta nella penombra, un argomento non certo piacevole, spesso ignorato e considerato puntualmente accadimento a sé e, per ogni singola nefasta evenienza si tende a catalogarlo puntualmente quale episodio fine a se stesso. E’ intellegibile oramai, che la crescita esponenziale di tali accadimenti non ci consente più, di considerarli singolarmente, ma bisogna incontrovertibilmente cominciare a parlare di fenomeno sociale, inquadrando la crescente triste statistica, gioco forza in un’ottica d’insieme quale malverso, non più solo concettuale, ma concreto ed attuale. I numeri ci dicono che l’anno appena trascorso si fregia di un tristissimo primato, ha contato settantadue suicidi, uno ogni cinque giorni, un numero in continua crescita la cui tendenza anche per l’anno attualmente in corso, non ci lascia ben sperare. Il suicidio è di per sé un fenomeno allarmante, ma quando poi lo si associa ad un mondo quale è quello del militare, dove i suoi appartenenti sono persone selezionate e formate per sopportare e supportare situazioni esistenziali estreme, ciò non può non farci riflettere e non trova spiegazioni fulmineamente plausibili il fatto che, l’incidenza di suicidi fra gli appartenenti a tale mondo, sia più che doppia rispetto alla media della popolazione. Fatte salve le contingenze personali che si celano dietro ogni singola storia, è doveroso evidenziare un filo blu comune che le lega fra loro, lasciando per ovvie ragioni di opportunità ai professionisti del settore ( psicologi, psicoterapeuti e psichiatri) un analisi scientista ed approfondita del fenomeno, si esorta con forza le varie amministrazioni di settore ed in primis il dicastero della difesa, di aprirsi al necessario cambiamento di un mondo oramai vetusto che mal si concilia con il trend evolutivo a cui anela la società contemporanea, sempre più attenta al welfare ed alle pari opportunità, ed al riconoscimento dei diritti universali dell’individuo. Il militare o suo affine di oggi, sul trend europeo dell’esercito professionista, è un individuo intellettualmente e culturalmente formato, che sceglie ed esercita la propria professione spinto dalla passione e da un sentimento genuino per la professione che andrà a svolgere conscio di quel che siano i suoi doveri ma, anche senza per nulla ledere l’amministrazione, i suoi diritti di cittadino ancor prima che di militare, la contrazione dei quali sovente ricade non solo sullo stesso, ma anche sugli appartenenti del proprio nucleo famigliare con incontrovertibili riflessi sulla vita famigliare. Il cambiamento è prerogativa di sussistenza per ogni forma di vita ed organizzazione sociale a cui non può derogare alcuno. Di quanto sia poco incline al cambiamento, inteso quale miglioramento delle condizioni di vita nel suo insieme (lavorative e private) il mondo del miliare lo si può appurare riportando in modo esemplificativo una delle tante contraddizioni in cui si palesa la forte contrazione del diritto. Ancora oggi nel mondo militare ed a quanto pare solo in esso, nel procedimento disciplinare finalizzato all’irrogazione di punizioni fortemente condizionanti il prosieguo di carriera, l’individuo in sé, il militare sia esso semplice e/o graduato viene il più delle volte, giudicato ed eventualmente condannato dal medesimo soggetto che lo accusa, una inverosimile ma reale anomalia che quantomeno riduce se non lo elimina del tutto il diritto alla difesa.
Il SI.NA.M. chiede al Governo e al Ministro della Difesa, ai vertici delle Forze Armate e del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, di attuare «la giusta strategia atta a debellare il ‘virus suicidi’ fra i militari, istituendo dei percorsi di supporto psicologico in favore del personale. Indiscutibilmente si deve ristabilire un clima di benessere del personale militare, la necessaria leva motivazionale per un corretto funzionamento della macchina organizzativa.
Troppe mamme, troppe mogli e troppi figli piangono i servitori in divisa che si sono suicidati».
Mari Calmi e venti favorevoli accompagnino Danilo nell’alto dei cieli.